Sonic Youth
Un concerto intenso, emotivo: Kim Gordon, Thurston Moore, Lee Ranaldo,
Steve Shelley e l'ormai completamente assorbito nel gruppo e sorprendente
Jim O’Rourke hanno suonato come non capitava di sentirli da molto
tempo, attraversando tutte le variazioni possibili del proprio suono,
un suono che in quasi trent'anni di attività ha segnato profondamente
la storia del rock contemporaneo, per non parlare della storia personale
di almeno due/tre generazioni di ascoltatori estasiati, me compresa,
che grazie a loro hanno visto diventare realtà concreta orizzonti
sonori pensati, sognati, immaginati.
Penso che si possa dire che ormai i live della band di New York per
antonomasia non siano altro che la celebrazione e la definitiva monumentalizzazione
del timbro inconfondibile che ad oggi, nel 2005, li pone nell'ambito
della classicità: il suono sonico appunto è diventato
melodia sonica, canzone nel puro senso della parola, ma i SY in un attimo
sono ancora capaci di incursioni nel noise più libero, ai confini
con la psichedelia (come nel finale, praticamente da manuale), anche
se la sensazione rimane quella dei SY che fanno i SY, e comunque
non è cosa da poco...
Aggiungo poi una fissazione personale per Lee Ranaldo, per la sua capacità
di raccontare storie e di fissarle in musica, per la sua espressività
nella voce calda e bassa, per le sue fughe chitarristiche incontrollate,
per la sua tensione nella ricerca: momenti indimenticabili, come un
tardo pomeriggio assolato di molti anni fa, in un prato a guardare il
cielo, e nel walkman a tutto volume ascoltavo per la prima volta Daydream
Nation, e il cuore e la testa mi si aprivano totalmente nel pensare
che allora è tutto vero e il mondo, a volte, è proprio
un bel posto dove vivere.
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