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napalm death


napalmdeath_smearcampaignSono passati 22 anni dal capolavoro Scum, purtroppo Jesse Pintado non è più tra noi, ma i Napalm Death sono ancora una perfetta macchina da guerra. Vera e propria istituzione del core più estremo, la band di Barney Greenway martella senza pietà e con precisione metronomica. Da sempre amati dalle frange più oltranziste, non è un caso se da questo "laboratorio" è uscita gente come Bill Steer (Carcass), Lee Dorrian (Cathedral), Mick Harris (Scorn) e Justin Broadrick (Godflesh).
Inconfondibili per il suono potente e compatto, i Napalm Death estremizzano il concetto di velocità e di disintegrazione di qualsiasi forma di armonia musicale, creando un grind core marcio e stridente. La band di Birmingham ha una sezione ritmica incredibilmente articolata, tesa e corposa, costruita per macinare note su note, facendo leva sulla chitarra di Mick Harris.
Greenway, nonostante l'aspetto da bagnante impazzito, sfodera la sua vocina delicata, che ben si sposa con la precisione quasi meccanica degli altri tre schiacciasassi. Brani che vanno a 10.000 all'ora, come "Greed Killing", ma anche pezzi dai primi lavori come "Scum" e "From Enslavement to Obliteration", a dimostrazione dell'enorme rispetto e considerazione per chi li segue da sempre.
Parte finale caotica e distruttiva, fino ai bis "zorniani" come "Harmony Corruption", una scheggia esplosiva di rara potenza, un assalto frontale, un lento massacro, come essere presi a pugni in faccia. Un'ora secca di concerto tiratissima, senza cedimenti nè interruzioni, a conferma che i Napalm Death sono ancora una spanna sopra tutti!


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