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frequenze disturbate
5/8/2005



Urbino è veramente bella e già questo mette in una buona predisposizione d'animo, e al pomeriggio, quando i gruppi cosiddetti minori hanno cominciato a suonare, eravamo dentro al Palazzo Ducale, tra La città ideale attribuito al Laurana, La muta di Raffaello e quegli ori celesti e incredibili di Piero Della Francesca, cosicchè dalla finestra abbiamo assistito all'esibizione essenziale, nel puro senso della parola, di Bob Corn (alias Tiziano, alias Fooltribe), trovando la situazione alquanto bizzarra e volendo misteriosa...
Dopodichè abbiamo raggiunto l'area del main stage, ovvero la Fortezza Albornoz, in una posizione fantastica che domina la città dall'alto, e lì stavano già praticamente finendo di suonare, purtroppo, gli inconfondibili e sempre nervosi One Dimensional Man, seguiti da, nell'ordine, Jennifer Gentle, The Raveonettes, Julian Cope, Dinosaur JR.
I Jennifer Gentle sono una band dal suono assai complesso, stratificato, sicuramente debitore della cultura musicale psichedelica americana, ma più in generale anglosassone, degli anni Sessanta/Settanta, un folk/rock primitivo e lisergico con con quel substrato di happening e ironia pop, per esempio nella voce tra infantile e disturbato, che risulta difficilmente digeribile dal pubblico italico, con cui alla fine secondo noi hanno davvero poco a che spartire... Il finale super noise, una spirale psichica, ha poi definitivamente conquistato le nostre corde sonore, ed è sempre bello scoprire gruppi interessanti e sconosciuti (per noi) dal vivo...
Arrivano poi i numerosi danesi Raveonettes, tre chitarre, basso e batteria, tutti pretty & clean esattamente come la loro musica, che parte con accordi circolari che si incastrano tra loro alla Jesus and Mary Chain, tipo, vanno avanti con reminiscenze di pop radiofonico degli anni Cinquanta (la voce della cantante/chitarrista Sharin Foo è perfetta su questi toni), e finiscono con un crescendo dance, che però voleva essere rock, che a me ha fatto venire in mente i Chemical Brothers (!?).
Ma ecco avvicinarsi il momento che aspettavo con vera ansia, cioè il concerto di Julian Cope, il mio ideale di bellezza maschile fin da quando ero teenager, e una delle voci più espressive e profonde mai ascoltate, e che mai avrei sperato di vedere dal vivo prima di questa stagione 2005. Chi ha ascoltato l'ultimo lavoro di Cope Citizen Cain'd forse poteva vagamente immaginare un'esibizione così straniante come quella che è seguita, un live di hard rock potente e viscerale, condito da un'estetica tra metal, glam e decadenza. Julian canta (ma quella voce profonda latita...) suonando il basso, affiancato da un chitarrista molto bravo truccato e vestito come un joker, batteria e tastiere. Non mancano alcuni vecchi pezzi come The greatness and perfection... o World shut your mouth, ma riarrangiati e eseguiti secondo il nuovo stile, fino alla performance conclusiva, in cui il buon Julian fa il matto, scende dal palco, si arrampica, striscia per terra, risale e staccato un pezzo di metallo dall'asta del microfono si taglia lo stomaco, con il sangue che cola abbondantemente, ma lui sembra divertirsi proprio un bel po'. Stupore, terrore, scetticismo, risatine nervose: fried?
La spiegazione, per chi ne cercasse una, è tutta nell'autobiografia di Cope, edita dalla Lain, Head On/Repossessed.
Segue un lungo intervallo, necessario per cambiare totalmente la disposizione del palco per gli attesissimi Dinosaur JR: la strumentazione/amplificazione viene compressa in poco spazio, e direi che è un buon segno.
J.Mascis, Lou Barlow e il batterista Murph cominciano a suonare, e se l'esibizione di Julian Cope aveva provocato un qual certo abbattimento di certezze, l'effetto è stavolta esattamente opposto, cioè sicurezza e un senso come di familiarità.
Il concerto, esattamente come ci si aspettava, ha riproposto una quantità impressionante di pezzi bellissimi del repertorio "classico" dei Dinosaur, il suono, distorto e preciso contemporaneamente, ha riportato indietro il tempo, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, che per certi aspetti sembrano incredibilmente lontani, ancora di più dell'hard rock di Cope o la psichedelia dei Jennifer Gentle... ma questa è soltanto una sensazione personale, come anche molto personale l'esaltazione rispetto alla stupefacente ed emozionante cover di Just like Heaven dei Cure e alla furia punk/noise di Bulbs of passion.
Proprio un bel festival, quindi, tranquillo e rilassato nell'aria, musicalmente intenso, e ci dispiace soltanto non essere restati fino a domenica, ma altri suoni ci richiamavano altrove...

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